Cumulo (aka Monte Purgatorio)
Progetto vincitore dell’avviso pubblico “Cantica21. Italian Contemporary Art Everywhere”
His eyes are staring, his mouth is open, his wings are spread. This is how one pictures the angel of history. His face is turned toward the past. Where we perceive a chain of events, he sees one single catastrophe which keeps piling wreckage upon wreckage and hurls it in front of his feet. The angel would like to stay, awaken the dead, and make whole what has been smashed. But a storm is blowing from Paradise; it has got caught in his wings with such violence that the angel can no longer close them. The storm irresistibly propels him into the future to which his back is turned, while the pile of debris before him grows skyward. This storm is what we call progress.
W. Benjamin
“Monte Purgatorio” è una ricomposizione di macerie, plasmate in cornici come nell’iconografia della montagna dantesca dell’espiazione, a sua volta simile ad uno specifico tipo di manufatto, già al centro della mia ricerca da alcuni anni: si tratta di colline artificiali spiraliformi costruite in molte città europee con le macerie degli edifici distrutti nei bombardamenti aerei della Seconda Guerra Mondiale, luoghi “purgatoriali” della contemporaneità, dove la devastazione bellica è stata riconvertita all’uso civico nella forma di uno spazio verde pubblico. Analogamente, sulla sommità di “Monte Purgatorio”, un giardino germogliante innesca la trasmutazione di uno sterile accumulo di detriti.
Tra la punizione irrevocabile e la beatitudine eterna, è forse il regno intermedio del divenire, appunto il Purgatorio, quello che meglio aderisce a una concezione secolare della Storia intesa come manifestazione della condizione umana. Ma la Storia può essere pensata sia in termini dialettici che come catastrofe: secoli dopo Dante, Walter Benjamin descrive un angelo in balia di una tempesta, trascinato via dal paradiso, non verso l’inferno, ma verso il futuro: “L’angelo della Storia [...] vede un’unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che [...] lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera”.
Un’altra visione (stavolta dantesca) del purgatorio prende forma per un istante nelle parole di Ulisse, il cui provvidenziale naufragio a 5 mesi lunari di navigazione oltre lo Stretto di Gibilterra, già in vista della “nova terra”, rinvia l’inizio della cosiddetta modernità di molti secoli (ma quando Dante scrive ormai manca poco). Ma le macerie della modernità (guerrafondaia, genocida, coloniale, estrattivista e pandemica sin dal suo esordio) si mischiano sempre con quelle dell’antropocene: Monte Purgatorio è dunque un tentativo di testare la germinabilità di questo conglomerato tossico, il sostrato su cui proliferiamo, questa “nova terra” che non è fatta di terra ma di detriti, su cui ci ergiamo da padroni, ma che continuerà a mutare sotto l’azione delle forze naturali, finché non sarà scomposta in atomi semplici, nel tempo impensabile delle ere geologiche future.
Firenze, ottobre 2020.
Leone Contini